martedì 28 luglio 2015

Senza Stato

Tanto è stata postata che è diventata vera la storiella delle tasse come la brioscina del bambino mangiata dallo Stato.
E dunque, mentre prima le "famigerate" tasse servivano a restituire ai cittadini sanità cultura servizi pubblici, ora siamo #‎SenzaServiziPubblici #‎SenzaSanita #‎SenzaCultura #‎SenzaStato #‎SenzaProvince (e fra poco anche #‎SenzaComuni) #‎SenzaCittadinanza #‎SoloTasse
Ed è così che la legge del web divenne Legge dello Stato (mi ostino ancora a scriverlo con la maiuscola!).
E vissero tutti infelici e tassati.
Auguri

per i lettori, così per riflettere un brano da 
Le catene della schiavitù  di Jean-Paul Marat
Importa che ci siano nello Stato degli uomini che tengano senza sosta gli occhi aperti sul gabinetto, che seguano le brighe del governo, che svelino i suoi progetti ambiziosi, che suonino gli allarmi agli approcci della tempesta, che risveglino la nazione dalla sua letargia, che le scoprano l’abisso che si scava sotto i suoi passi, e s’appressino a notare colui sul quale deve cadere l’indignazione pubblica. Così la più grande disgrazia che possa arrivare a uno stato libero, dove il principe è potente e intraprendente, è che non ci siano né discussione pubblica, né effervescenza, né partiti. Tutto è perduto quando il popolo diventa di sangue freddo, e quando, senza inquietarsi per la conservazione dei suoi diritti, non prende più parte agli affari: mentre si vede la libertà uscire senza sosta dai fuochi della sedizione.


giovedì 9 luglio 2015

il nuovo colosso

Tenetevi i vostri antichi Paesi con la vostra Storia fastosa.

Datemi le vostre masse 

stanche, povere, oppresse, desiderose di respirare libere,

miserabili rifiuti dei vostri lidi affollati.

Mandateli a me i diseredati, gli infelici, i disperati.

Io alzo la mia lampada accanto alla porta dorata.

Emma Lazarus, The New Colossus 1883

Non è un caso se sulla porta di accesso agli Stati Uniti ci sia questo sonetto di Emma Lazarus.
Gli USA sono uno stato, un popolo, sono una identità.
Noi invece rimarremo per sempre arroccati alle "nostre storie" fauste e infauste.
Non ci sentiamo popolo neppure dentro alle nostre rassicuranti Nazioni, mai troppo maturi per cogliere l'opportunità dell'unità, dell'accoglienza, sempre troppo saccenti per approfondire le nostre conoscenze e metterci in discussione.